martedì 27 maggio 2008

Il Mattino Dopo 2

Primo giorno

Il mattino dopo? Pioveva. Che schifo, è sempre stato così, dovevo immaginarmelo. Ogni primo giorno della mia vita è stato costellato da gocce di pioggia. Quando sono nato, il primo giorno di scuola, quello di leva? Pioveva sempre. E poteva esimersi da questa consuetudine il mio primo giorno di lavoro? Certo che no vogliamo scherzare?

Mi alzai pieno di buoni propositi e tutto arzillo arrivai bello pimpante al cancello d’entrata della Darielli per il più classico dei periodi di prova. L’addetto alla sbarra si avvicinò, Buongiorno, Mi dica, Beh dovrei entrare per lavorare. L’addetto mi guarda sogghignando e con faccia da chi pensa di essere spiritoso, Perché lavori qui forse? Ce l’ha il cartellino? No, ma immagino che sia lei a dovermelo dare visto che è il mio primo giorno, che dice? La mia vena ironica non sembrò piacergli, Mi dica il suo nome, Alvise, Michele Alvise, E magari c’hai pure la licenza per l’ironia tendenzialmente simpatica, aspetti qua.

In un primo momento pensavo di sparargli un’altra battuta ironica, ma non mi sembrò il caso, comunque, mentre lo guardavo ritornare dalla cabina, un piccolo pentimento trafisse il mio cuore. Va bene simpatia per oggi puoi passare, ma da domani dovrai parcheggiare laggiù. E mi indicò un parcheggio gigantesco lontano almeno un chilometro, Intanto segui le frecce blu, ti condurranno agli uffici, E se fossi daltonico? Sarebbero cazzi tuoi. Me l’ero cercata.

Così arrivai agli uffici. L’ambientino non era dei più esaltanti, muri spogli e di un bianco acceso, illuminazione modello sala d’aspetto d’ospedale, uno scaffale per catalogare i falconi e scrivanie scarne su cui capeggiava un computer ed una pila di carte. Le stampanti lavoravano di continuo facendo a gara con i miei futuri colleghi chini sul loro giornaliero rettangolo solido, non si erano nemmeno accorti del mio arrivo.

Provai l’arma della cortesia salutandoli, niente, la sensazione era che neanche un terremoto li avrebbe smossi. Sulla porta d’ingresso si trovava una scritta, “Ricorda tutto nella vita ha un prezzo”, sul momento non vi feci caso. Finalmente qualcuno fuoriuscì dalla densa nebbia neuronale e mi accolse, Buongiorno, mi chiamo Francesco, devi essere quello nuovo seguimi. Faccia stravolta, sguardo perso, non mi aveva dato nemmeno la mano, insomma, le premesse non erano un granché. Quanto dura il tuo mese di apprendimento? E secondo te?…, Mah un mese? Si fermò guardandomi infastidito, Lo so ma quanti giorni, 30, 31? Oh madonna, Mi pare 30, Beh ringrazia che non siamo in febbraio. Ancora oggi non so se era una battuta. Questo sarà il tuo banco di prova, lì c’è il manuale con tutte le direttive aziendali, le norme e i moduli da compilare per le richieste. Se c’è qualche problema mi chiami ok? Se ne andò lasciandomi contro un manuale di 100 pagine, un altro di 50, e vari moduli astrusi, Perfetto e ora? Decisi di prendere carta e penna per assimilare meglio i punti cardine del malloppo rifilatomi ma con mia sorpresa i cassetti erano vuoti. Chiamai Francesco, Sai dove posso trovare una penna? Da nessuna parte, Come? Te la devi portare da casa, che sia una penna, una matita o qualsiasi cosa riguardi il reparto cancelleria te la dovrai comprare, Stai scherzando? No e ho già perso troppo tempo. Ricorda, prima regola, non chiedere niente di cui non sai il costo esatto. Mi lasciò in mezzo alla stanza come un ebete, cominciavo a capire il senso del motto.

Passai tutta la mattina a leggere quell’assurdo blocco di pagine, in special modo le norme aziendali che erano le STESSE previste per legge. Sui moduli andava comunque inserito la dicitura aziendale altrimenti la richiesta non aveva validità, dovevi inserire il loro codice punto e basta. Così cercai di destreggiarmi tra le pagine fino alla pausa pranzo. Arrivo in mensa a mezzogiorno, scelgo il menù, mi siedo tranquillamente in mezzo ai colleghi, tempo quindici minuti e spazzolarono tutto pronti per continuare a lavorare. Li guardo stupito mentre comincio a degustare, per modo di dire, la bistecca rinsecchita, Dove andate? La pausa non dura un’ora? Si, E allora perché vi siete già alzati? Perché abbiamo finito. Lapidario, secco, conciso, mi lasciarono nuovamente in mezzo ad una stanza con la faccia da ebete.

Ritornai all’una al mio posto, gli impiegati erano ancora più pallidi, quasi non li distinguevo dal colore del muro. Francesco, Dimmi, che diavolo nemmeno mi guarda, Mi chiedevo se potevo portarmi il manuale a casa per leggerlo con più calma, Compila il modulo, Quale? C’è scritto nel manuale, E poi, a chi devo consegnarlo?, C’è scritto nel formulario, ma ti conviene fare alla svelta visto che dovrà passare almeno quattro controlli prima dell’accettazione, Posso stamparlo? Certo, regola numero due, puoi fare tutte le stampe che vuoi, non abbiamo interessi verso la foresta Amazzonica. Allucinato cercai il modulo adatto, lo compilai e lo consegnai alla segretaria. Alle cinque la mia richiesta non aveva ancora superato i controlli, decisi di rinunciare e avviarmi verso l’uscita senza il malloppo, timbrare e tornare a casa. Dove vai? A casa, sono le cinque, Non puoi devi prima risolvermi un problema in officina, Non posso farlo domani? No, Ah bene, al primo giorno già straordinari, vuol dire che c’è lavoro. Straordinari? Regola numero tre, non si timbra all’uscita si lavora finché si può e basta, il tuo orario fisso sul cartellino sarà 8 – 12, 13 – 17 ma i tuoi orari varieranno a seconda delle esigenze.

Andai in bagno mi guardai allo specchio, avevo la sensazione che la mia pelle stesse cominciando a sbiancarsi. Preso dal panico andai in officina. Parlai con il responsabile il quale mi sottopose la questione su una parte meccanica da completare. Analizzando i cartigli imputai il problema al tipo di viti utilizzate. Dovete usare queste, Non ne abbiamo, Compratele, Quanto ci costeranno?, Non lo so, Sei sicuro che siano giuste, che servano? Vieni con me. Lo seguii al computer, lo vidi fare dei calcoli in base al tipo di soluzione che gli avevo proposto. Ne risultò lo stesso tipo di vite solo con l’aggiunta di un coprivate che reputavo scontato. Ecco vedi? Bisogna sempre e comunque controllare, ti erano sfuggiti i coprivate. Ora compila il modulo di richiesta per l’ufficio conteggi che provvederà ad approvare la tua domanda, dopodichè lo passerà all’ufficio contabile fino all’ufficio acquisti, sempre che tutto sia a posto, e sfoggiò un sorrisetto abbastanza eloquente, Ora vado che ho già perso troppo tempo.

Ore 18: ricerco le direttive, compilo il modulo, inserisco i codici. Ore 18.15: passo il tutto all’ufficio conteggi. Ore 18.30: la mia richiesta per i manuali è stata scartata, manca la data. Ore 18.45: ripenso alla mia giornata e non ci credo. Ore 19: sghignazzo sadicamente. Ore 20: finisco di sghignazzare l’ufficio contabile ha respinto la domanda causa 1 €uro di troppo. Buio.

giovedì 22 maggio 2008

LA GUERRA E’ PACE, LA LIBERTA’ E’ SCHIAVITU’, L’IGNORANZA E’ FORZA

Ci sono film che si incastonano nel cuore come gemme rare, altri che ti rimangono negli occhi per la vita. Ci sono canzoni che riempiono le giornate e che riassumono i momenti salienti della nostra esistenza. Ma sono i libri che ti garantiscono le emozioni e le fantasie più belle perché, dalle parole sputate dalle penne degli scrittori, hai la possibilità di creare un mondo tutto tuo, di leggere e apprendere storie, fatti, situazioni, vere o di fantasia, e di elaborarle visivamente a tuo piacimento come se fossi un regista. Poi, in alcuni casi, arriva la trasposizione cinematografica e cominci a chiederti come sarà, varrà la pena di essere visto, sei curioso di sapere chi sarà il regista per farti un'idea del possibile risultato finale, gli attori ecc... Così rielabori nuovamente tutto, rileggi il libro, magari trovi una nuova chiave di lettura più efficace, e allora aspetti le prime foto, il primo trailer e così via. Tante volte il solo nome del regista basta a farti scattare la scintilla giusta o il campanello d'allarme. E alla fine arriva il film. Nella maggior parte dei casi la delusione è forte, tutto è completamente diverso da come te l'eri immaginato, ed è per questo che ho quasi rinunciato a vedere al cinema film tratti da libri che ho letto e amato (ultimo in ordine cronologico "Il cacciatore di aquiloni"), salvo poi recuperarli al primo passaggio televisivo. Di una cosa sono certovedersi prima il film e poi leggersi il libro non delude mai. E' a questo punto che arrivo al perché del titolo. Chi conosce George Orwell saprà sicuramente che lo slogan è tratto dal suo capolavoro (nonché il mio libro preferito) "1984". Ieri sera, dopo essermelo scaricato, ho guardato la versione diretta da Michael Radford nel (indovinate un pò...) 1984. Giudizio finale? Descrivere la delusione provata è difficile ma penso che ognuno nella sua vita abbia provato una sensazione del genere per cui non mi dilungherò anzi, per chi lo avesse letto e amato come me, consiglio di vedere "Brazil" del genio Terry Gilliam che, nonostante non vi prenda spunto, riesce ad immortalare al meglio la visionarietà del libro il tutto unito dall'istinto immaginifico del regista fino a creare un capolavoro. Così vi lascio con uno dei dialoghi più inquietanti e riusciti partoriti dalla mente di Orwell:

[...]

"Winston, come fa un uomo a esercitare il potere su un altro uomo?"
Winston riflettè: "Facendolo soffrire" rispose.

"Bravo, facendolo soffrire. Non è sufficiente che ci obbedisca. Se non soffre, come facciamo a essere certi che non obbedisca alla nostra volontà ma alla sua? Potere vuol dire infliggere dolore ed umiliazione. Potere vuol dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella forma che più ci parrà opportuna. Cominci a intravedere, adesso il mondo che stiamo costruendo? È esattamente l’opposto di quelle stupide utopie edonistiche immaginate dai riformatori del passato. Un mondo fatto di paura e tradimento, di tormento, un mondo nel quale si calpesta e si viene calpestati, un mondo che nel perfezionarsi diventerà sempre più spietato. Progresso, nel nostro mondo, significherà progredire verso una sofferenza più grande. Le antiche civiltà sostenevano di essere fondate sull’amore e sulla giustizia, la nostra è fondata sull’odio. Le sole emozioni destinate ad esistere nel nostro mondo saranno la paura, la collera, l’esaltazione e l’umiliazione. Tutto il resto lo distruggeremo. Tutto. Già stiamo smantellando quelle abitudini mentali che erano un retaggio della Rivoluzione. Abbiamo infranto ogni legame fra genitori e figli, uomo e uomo, uomo e donna. Oggi nessuno più ha il coraggio di fidarsi di una moglie, di un bambino o di un amico, ma in futuro non ci saranno né mogli né amici. I bambini saranno tolti alle madri all’atto della nascita, così come si tolgono le uova a una gallina. L’istinto sessuale verrà sradicato. La procreazione sarà una formalità annuale, come il rinnovo di una tessera per il razionamento. Aboliremo l’orgasmo. I nostri neurologi ci stanno già lavorando. Non ci sarà forma alcuna di lealtà, a eccezione della lealtà verso il Partito. Non ci sarà forma alcuna di amore, a eccezione dell’amore per il Grande Fratello. Non ci sarà alcuna forma di riso, a eccezione della risata di trionfo sul nemico sconfitto. Non ci sarà alcuna forma di arte, di letteratura, di scienza. Quando avremo raggiunto l’onnipotenza, non avremo più bisogno della scienza. Non ci sarà differenza tra il bello e il brutto. Non ci sarà curiosità, né la gioia del processo vitale. Tutti gli altri piaceri che potrebbero mettere a repentaglio un simile progetto saranno distrutti. Ma ci sarà sempre, sempre – e tu non lo dimenticare, Winston – l’ebbrezza del potere, che diventerà sempre più forte e raffinata. Ci sarà sempre, in ogni momento, il fremito della vittoria, la sensazione di calpestare un nemico inerme. Se vuoi un’immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto umano in eterno" [...]

venerdì 16 maggio 2008

Il Mattino Dopo

Ariano uscì dal proprio ufficio e cominciò a percorrere il corridoio i cui muri, bianchi come il latte, erano illuminati a giorno come se chi ci abitasse, avesse paura che qualsiasi ombra potesse sfuggire minacciosa agli occhi vigili di qualcuno. Era mattina presto probabilmente le 7, ormai non faceva più caso alle ore che passavano il suo corpo reagiva autonomamente senza bisogno di impulsi esterni come poteva essere una sveglia. Ogni angolo era sorvegliato da uomini in nero con gli occhi oscurati a specchio da lenti indagatrici che non lasciavano trasparire alcuna emozione ma solo brividi per chi cercava di incrociare il loro sguardo, li chiamavano “gli osservatori”. La loro presenza non faceva che aumentare il senso di disagio che provava nel percorrere quei cunicoli pallidi e tutto nonostante fossero passati venti anni dalla prima volta. In lontananza un sottofondo musicale cominciò ad accompagnare i suoi passi, era una sensazione strana quella che lo pervase, non era abituato a sentire suoni, rumori o parole attraverso quelle mura, nemmeno sussurrate, era impossibile ascoltare qualsiasi cosa, tutto era segreto nel Tempio Bianco. Si fermò stranito quando capì che la musica proveniva da dietro la porta ovale che gli sbarrava il passo, decise di bussare.

“Signor Presidente” nessuna risposta, e mentre l’orchestra in sottofondo saliva di tono bussò ancora.

“Signor Presidente.” nessuna risposta.

Ariano decise di aprire contraddicendo le regole del Tempio venendo inondato dall’acuto finale del cantante lirico “VINCEEEROOO..”. Il Presidente era intento a giocare con un mappamondo come se fosse un novello Charlie Chaplin ne “Il dittatore”.

“Signor Presidente sono venuto ad informarla che l’arrivo di suo padre è previsto per domani mattina durante la sua visita al nuovo istituto di ricerca contro il terrorismo.”

L’annuncio non sembrò interessare minimamente il Presidente che continuò imperterrito a giocare felice come un bambino con la sua palla. Sconsolato Ariano chiuse la porta e si avvicinò alla scrivania intasata di bottiglie di whisky e bicchieri semivuoti, cercò di fare spazio in quel disordine e vi appoggiò un fascicolo sulla cui copertina capeggiava la scritta TOP SECRET e una data, 11 Primo Autunno. Sconsolato, osservò quel pargolo mai cresciuto roteare sul tappeto su cui era raffigurato lo stemma dell’Unione Americana con i due continenti a formare una grossa fauce pronta a divorare il resto del mondo.

“Le lascio il programma così potrà consultarlo con tranquillità”. Si avviò verso l’uscita quando, improvvisamente, il Presidente si fermò dimenticando il suo piccolo mondo e cominciò a fissarlo.

“Cos’è questa musica? Non l’avevo mai sentita prima d’ora.”

Ariano si accostò alla soglia dell’uscio semiaperto e si voltò, non capiva il senso di quella richiesta.

“Sai ho trovato questo dischetto in una di quelle case diroccate che abbiamo visitato ieri pomeriggio dopo l’uragano, pensavo di trovare solo musica jazz, gospel o blues in quel ghetto canterino.”

“E’ lirica signore, un’opera lirica e precisamente un’aria tratta dalla “Turandot” di Giacomo Puccini, si usava proporla nei teatri prima che venissero chiusi per mancanza di fondi e lasciar spazio ai parcheggi, alle nuove zone residenziali e commerciali, ai finanziamenti all’esercito dei “peacemaker” che lavora per l’integrità della nostra sicurezza.”

Il Presidente lo fissò perplesso e facendosi sfuggire un sogghigno ironico disse:

“Vedi alla fine avevo ragione. Questo prova che alla fin fine quelle costruzioni non servivano a nulla, erano uno spreco di spazio e denaro. Perché erigere edifici del genere per ascoltare della musica quando puoi godertela da casa?”

Ariano lo guardò perplesso per un istante e, non trovando una risposta adatta a quella domanda si lasciò alle spalle quel viso sogghignante per tornare al suo lavoro.

(Da un idea di SL)

martedì 13 maggio 2008

Berlusconi parla (?) in inglese con Bush

Anche questa chicca non è male... Essere presi per il culo da Bush poi.... "His English is very good"......

lunedì 12 maggio 2008

Un pezzo di storia italiana

Penso che non servano commenti riguardo al filmato. Rivedendolo non so se è più giusto piangere o ridere..... Comunque rimane un pezzo di satira di portata storica. Come dite? Non è satira??? Allora mi metto a piangere.....

mercoledì 7 maggio 2008

Se cappuccetto rosso si mangia il lupo....

Titolo: Hard Candy
Regia:
David Slade
Interpreti:
Patrick Wilson (Jeff Kohlver)
Ellen Page (Hayley Stark)
Sandra Oh (Judy Tokuda)
Odessa Rae (Janelle Rogers (as Jennifer Holmes))
Gilbert John (Nighthawks Clerk)
Paese: USA
Durata: 104'
Anno: 2005

Jeff Kohlver: You were coming on to me!
Hayley Stark: Oh, come on. That's what they always say, Jeff.
Jeff Kohlver: Who?
Hayley Stark: Who? The pedophiles! 'Oh, she was so sexy. She was asking for it.' 'She was only technically a girl, she acted like a woman.' It's just so easy to blame a kid, isn't it! Just because a girl knows how to imitate a woman, does NOT mean she's ready to do what a woman does.
[pause]
Hayley Stark: I mean, you're the grown up here. If a kid is experimenting and says something flirtatious, you ignore it, you don't encourage it. If a kid says 'Heeey, let's make screwdrivers' you take the alcohol away and you don't race them to the next drink!

Vi piacciono i thriller tesi e cupi? Quelli che, se visti con la giusta atmosfera, vi tengono incollati alla poltrona? Adorate i film di culto, quelli che in pochi vedono al cinema per poi essere riscoperti in DVD? Bene avete trovato il vostro film. Peccato che i nostri produttori di bassa lega abbiano ben pensato che non meritasse la proiezione nel nostro Paese... Il perché? Presto detto, l'argomento del film è la pedofilia e si sa in Italia certi argomenti non si trattano.... Non si sa mai che qualche tonaca si alzi. Comunque per gli amanti di internet e di cinema c'è la possibilità di reperire il film in formato DIVX e sottotitolato. A questo punto cappuccetto rosso e il lupo cosa centrano? Diciamo che in un certo senso la trama rispecchia la favola capovolgendola. Il lupo dei giorni nostri viene rappresentato dai pedofili mentre la protagonista è una ragazza animata da uno spirito di vendetta e cattiveria. Haley Stark (una splendida Ellen Page), così ci fa credere di chiamarsi, è una ragazzina di 14 anni a cui piace leggere e cercare nuove amicizie attraverso internet. Da una di queste conversazioni conosce Jeff (un altrettanto splendido Patrick Wilson) un fotografo di 32 anni, che le propone di incontrarsi. Haley lo conquista per la su maturità, nonostante la giovane età, e lo convince a portarla a casa sua e a farsi fare un servizio fotografico. Dopo aver bevuto qualche cocktail, Jeff si sente poco bene e sviene mentre scatta le foto, il risveglio sarà traumatico e il preludio ad un incubo dal tragico finale. Film d'esordio del regista David Slade che si dimostra abile nel dirigere gli attori ma anche nel mantenere le fila del racconto nei toni giusti cadenzando i ritmi con sapienza. Ad aiutarlo un'ottima fotografia e una scenografia, minimale e ricercata, che non lascia niente al caso. Insomma il film scorre via alla grande e saprà traumatizzarvi nel profondo molto più dei vari Saw e affini.

P.S. Ho inserito tutte e due le locandine perché sinceramente non sapevo quale scegliere.....

Voti:
IMDB: 7,2
Mymovies: 3/5
MIO: 7,5

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